lunedì 28 giugno 2010

Omaggio a Saramago



Che molti dei miti antropogenici non abbiano potuto fare a meno della creta nella creazione materiale dell'uomo, è un fatto già menzionato qui e alla portata di chiunque sia  mediamente interessato ad almanacchi io-so-tutto ed enciclopedie quasi-tutto. Non sarà questo, di norma, il caso dei credenti delle diverse religioni, visto che proprio dalle vie organiche della chiesa di cui fanno parte ricevono e incorporano quella e tante altre informazioni di uguale o analoga importanza. C'è tuttavia un caso, un caso almeno, in cui ci fu bisogno che la creta andasse al forno per considerate l'opera compiuta. E  comunque dopo vari tentativi. Questo singolare creatore a cui ci stiamo riferendo e di cui abbiamo dimenticato il nome ignorerebbe probabilmente, o non avrebbe sufficiente fiducia nell'efficacia taumaturgica del soffio nelle narici a cui un altro creatore è ricorso prima o sarebbe ricorso poi, come del rsto ha fatto, ai giorni nostri, anche Cipriano Algor, sia pure senz'altra intenzione se non quella, modestissima, di ripulire dalle ceneri la faccia dell'infermiera.

Tornando, però, al famoso creatore che ebbe bisogno di mettere l'uomo nel forno, l'episodio avvenne nel modo che ora spiegheremo, da cui si vedrà che i tentativi frustrati di cui dicevamo prima furono piuttosto il risultato dell'insufficiente conoscenza che il suddetto creatore aveva delle temperature di cottura. Cominciò col fare con la creta una figura umana, di uomo o di donna è un particolare trascurabile, la mise nel forno e attizzò il necessario fuoco. Trascorso il tempo che gli parve giusto, la tirò fuori, e, mio Dio, ebbe un colpo al cuore.
La figura era uscita nera come il carbone, nient'affatto somigliante all'idea che di lui si era fatta di come sarebbe dovuto essere il suo uomo. In ogni caso, forse perché era ancora ad inizio attività, non se la sentì di distruggere il prodotto fallato della sua mancanza di abilità. Gli diede vita, si suppone con un buffetto sulla testa, e lo mandò via. Tornò a modellare un'altra figura, la infilò nel forno, ma stavolta ebbe cura di cautelarsi con il fuoco. Ci riuscì, è vero, ma troppo, poiché la figura gli si presentò bianca come la più bianca di tutte le cose bianche. Non era ancora quello che voleva lui. Malgrado il nuovo fallimento, tuttavia, non perse la pazienza, avrà addirittura pensato, indulgente, Poverino, non è stata colpa sua insomma, diede vita anche a questo e lo fece andare. Nel mondo c'erano già dunque un nero e un bianco, ma il maldestro creatore non aveva ancora ottenuto la creatura che sognava.
Si accinse all'opera ancora una volta, un'altra figura umana andò a prendere posto nel forno, il problema, pur non esistendo ancora il pirometro, doveva essere più facile da risolvere d'ora in poi, in altre parole, il segreto era di non riscaldare il forno né di più né di meno, né tanto né poco, e , visto che non cè due senza tre, questa doveva essere la volta buona. Invece no.

Vero è che la nuova figura non venne fuori nera, vero è che non venne fuori bianca, ma, cielo , venne fuori gialla. Chiunque altro avrebbe forse desistito, procurato alla svelta un diluvio per fare fuori il nero e il bianco, avrebbe spezzato il collo al giallo, il che si potrebbe addirittura considerare come la conclusione logica del pensiero che gli passò per la mente in forma di domanda, Se io stesso non sono capace di creare un uomo atto, come potrei un domani chiedergli conto dei suoi errori.

Per un pò di giorni il nostro improvvisato vasaio non ebbe il coraggio di entrare nella fornace, ma dopo, come si suol dire, il tarlo della creazione si rimise al lavoro e in capo a qualche ora la quarta figura era modellata e pronta per il forno. Supponendo che al di sopra di questo creatore ci fosse ancora un altro creatore, è molto probabile che dal minore al maggiore si fosse levato qualcosa tipo un'implorazione, una preghiera, una supplica, qualcosa sul genere, Non farmi restare male. Insomma, con mani ansiose introdusse la figura di creta nel forno, poi scelse con meticolosità e pesò la quantità di legna che gli parve necessaria, eliminò quella verde e quella troppo secca, tolse qualche ciocco che ardeva male e senza brio, ne aggiunse qualche altro che dava una fiamma viva, calcolò con l'approssimazione possibile il tempo e l'intensità del calore, e, ripetendo l'implorazione, Non farmi restare male, avvicinò un fiammifero al combustibile. Noi, gli esseri umani di oggi, che siamo passati per tante situazioni di ansia, un esame difficile, un'innamorata che non è venuta all'appuntamento, un figlio che si faceva aspettare, un impiego che ci è stato negato, possiamo immaginare cosa debba aver sofferto questo creatore mentre attendeva il risultato del suo quarto tentativo, i sudori che probabilmente solo la vicinanza del forno impedì che fossero gelati, le unghie smangiucchiate fino all'osso, ogni minuto che passava si portava via on sè dieci anni di esistenza, per la prima volta nella storia delle diverse creazioni dell'universo fu lo stesso creatore a conoscere i tormenti che ci aspettano nella vita eterna, perché è eterna, non perché è vita. Ma ne valse la pena.
Quando il nostro creatore aprì la porta del forno e vide cosa c'era dentro, cadde in ginocchio estasiato. L'uomo non era nero, né bianco, né giallo, era, invece, rosso, rosso come sono rossi l'aurora e il ponente, rosso come l'ignea lava dei vulcani, rosso come il fuoco che lo aveva reso rosso, rosso come lo stesso sangue che già gli scorreva nelle vene, perché a questa figura umana, che era proprio quella desiderata, non ci fu bisogno di darle un buffetto sulla testa, bastava averle detto, Vieni, e quella uscì dal forno con i suoi propri piedi. Chi ignori ciò che avvenne nelle età posteriori dirà che, nonostante una tale abbondanza di errori e angosce, o, per la virtù istruttiva ed educativa della sperimentazione, grazie a essi, la storia finì per avere un lieto fine. Come in tutte le cose di questo mondo, e certamente di tutti gli altri, il giudizio dipenderà dal punto di vista dell'osservatore. Coloro che il creatore rifiutò, coloro che, sia pure con la benevolenza di ringraziarli, allontanò da sé, e cioé, quelli di pelle nera, bianca, prosperarono in numero, si moltiplicarono, ricoprono, per così dire, tutto l'orbe terracqueo, mentre quelli dalla pelle rossa, coloro per i quali si era sforzato tanto e per i quali aveva sofferto un mare di pene e angosce, sono, al giorno d'oggi, le prove impotenti di come un trionfo abbia potuto infine trasformarsi, con il passare del tempo, nel preludio ingannevole di una sconfitta. Il quarto e ultimo tentativo del creatore di uomini che mise le sue creature nel forno, quello che apparentemente gli portò la vittoria definitiva, venne a essere, in fin dei conti, il definitivo sbaraglio.



Cipriano Algor aveva letto questa storia quand'era ancora un ragazzo, e pure avendo dimenticato tante cose nella vita, questa non se l'é scordata, chissà mai perché. Era una leggenda india, dei cosiddetti pellirossa, per essere più esatti, con la quale i remoti creatori del mito docevano aver inteso provare la superiorità della loro razza su qualsiasi altra, ivi comprese quelle della cui effettiva esistenza non avevano allora notizia.

2 commenti:

  1. Veramente molto bello questo mito...grazie per averlo condiviso con noi!
    ...ma se posso saltare alle conclusioni senza alcun preambolo, questa storia dimostra come le religioni, senza esclusione alcuna, siano state costruite (e via via affinate) dall'uomo e per l'uomo, per colmare quel senso di impotenza (per lo più subconscio) difronte alla sterminatezza della terra, delle stelle e dell'universo...
    un puntino così piccolo non poteva resistere all'idea di essere solo, di dover dipendere solo dalle sue forze...per questo si è costruito un culto, una figura onnipotente che ruotasse però intorno a lui, opera principale e prediletta...

    io personalmente sono convinto e sento fortemente dentro di me un'anima, una spinta, una fiammella invisibile che da vita e corpo alle mie azioni quotidiane...non credo che l'esistenza si fermi solo con questa parentesi terrena...ma diffido da qualsiasi ordine precostituito, che fa della paura della gente verso l'ignoto la propria leva del potere, lo specchietto per le allodole delle masse...
    come è possibile dire che il mio dio è migliore di quello di un altro popolo...che la mia religione è la più perfetta, quando l'unica vera discriminante è il luogo di nascita e la cultura nella quale una persona cresce?

    Ci vorrà del tempo e ancora qualche generazione prima che il mondo possa aprire definitivamente gli occhi...nel frattempo basta pensare che effettivamente non siamo soli ma non c'è nessun burattinaio che muove i fili invisibili sopra di noi...sarebbe, come dire, sconfortante!

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  2. hei jack, e che mi dici del dialogo stile "marketing" tra Dio e il Diavolo nella barca del Vangelo secondo Gesù?

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